CHE FINE HA FATTO BULLY?

Quel gioco che è stato addirittura menzionato dai nostri parlamentari in relazione alla fantomatica ondata di violenza nelle scuole dei mesi scorsi?
Bully è uscito in Italia lo scorso ottobre senza troppo clamore col titolo edulcorato e poco commerciale “canis canem edit” ovvero “cane mangia cane” in latino. Un gioco grazioso, basato su un gameplay simile a quello del collaudato GTA St. Andreas (creato della stessa Rockstar) ma dotato di una cornice narrativa decisamente più raffinata ed un “motore sociale” più complesso.
Il protagonista è Jimmy Hopkins, un ragazzo dalla situazione famigliare problematica che viene sbattuto nella Bullworth Academy. L’istituto, all’apparenza prestigioso, si rivela da subito un nido di serpi in cui la sopraffazione e il bullismo sono all’ordine del giorno.
Come nella serie GTA il giocatore è messo nei panni di un personaggio abbastanza neutro, non è nè un bullo nè una mammoletta, non ha particolari ambizioni o obbiettivi e si ritrova a svolgere missioni per conto di altri sconvolgendo sempre più l’ecosistema scolastico. Esiste anche una serie di missioni non collegate alla storia principale come le lezioni scolastiche, dei sottogiochi utili a migliorare le capacità relazionali (inglese) o aumentare le chances con le ragazze (arte), acquisire la capacità di produrre piccole armi (chimica) o mosse di combattimento (educazione fisica). Certo i nessi sono tirati per i capelli e i meccanismi di gioco veramente riduttivi, ma tutto sommato la scuola viene presentata come qualcosa di utile.
In Canis Canem Edit non esistono buoni e cattivi ma tante macchiette più o meno torbide e prevaricatrici. La fauna studentesca è rigidamente suddivisa in gruppi stereotipati: ci sono i nerds, secchioni, fanatici dei giochi di ruolo e perennemente meltrattati; i duri ingelatinati con la fissa dei motori, i palestrati stupidi e muscolosi e i fighetti, classisti e sprezzanti figli di papà.
Il gioco è suddiviso in atti ognuno dei quali è focalizzato su uno di questi gruppi. Jimmy avrà a che fare con ogni fazione trovandosi, volente o nolente, a turbarne gli equilibri.
E’ proprio in questo attraversamento di gruppi costituiti che si può trovare il principale “insegnamento morale” di Bully. Tutte le sottoculture giovanili sono ridicolizzate, Jimmy non è certo un puro o uno studente modello ma un cane sciolto insofferente ad ogni logica di branco. Ci può essere un messaggio più anti-bullista di questo?
01/17/07 | | #