IL ROSSO E IL NERO

Il gioco non si schiera assolutamente politicamente, ma si presenta invece come una ricostruzione storica imparziale degli scenari e delle battaglie più importanti."

(descrizione tratta dal sito ufficiale del videogioco)

Apprezziamo l'intento della Blacksheep di creare un videogioco indipendente persino a livello di motore grafico dai modelli statunitensi. Apprezzeremmo anche il coraggio di inserirsi in un discorso storico che è ancora sotto processo se non avessimo il sospetto che questo sia più che altro un spunto polemico creato a tavolino per ottenere un sovrappiù di risonanza mediatica. Ma questo non è necessariamente un male.
La pretesa di non schierarsi politicamente è molto discutibile poichè non è solo una frase di inizio missione "uccidi tutti i fascisti" a dare ad un gioco una connotazione antifascista. La stessa forma sparatutto in soggettiva multigiocatore ha implicazioni politiche. I giocatori si troveranno in un ambiente sterilizzato a correre, sparare, morire e resuscitare in continuazione, a quanto pare la posizione dei civili non sarà definita visto che non ci saranno personaggi non giocanti (almeno non nella versione a cui abbiamo giocato) e la contrapposizione manichea fra due fazioni sarà il motivo dominante del gioco.
L'appiattimento della resistenza in un conflitto tra due fazioni intercambiabili, distinte unicamente dal colore ideologico e dal set delle armi è un gesto fortemente politico. Che rientri o no nell'intenzione degli autori.
Nello "schierato" under ash, un'interessante fps arabo, esiste quantomeno un tentativo di giustificare e soprattutto a qualificare la violenza del gioco. L'eroe si trova a difendere un villaggio demolito dalle ruspe, o a salvare dei civili. Under ash si propone come una propaganda opposta a quella occidentale/statunitense (vedi il recente america's army) che può far indignare, far sorridere o contribuire alla creazione di soggettività politiche. Il Rosso e il Nero non riesce ad essere niente di più di un rivestimento per algoritmi di violenza allo stato puro.
Ma andando oltre la lettura ideologica, il gioco che si propone come "ricostruzione storica degli scenari e delle battaglie più importanti" fallisce miseramente anche su questo punto. Condizione essenziale per un deathmatch (come per la maggior parte dei giochi multiplayer) è una parità o, quantomeno un'equivalenza, delle condizioni di partenza dei singoli giocatori e dei singoli team. La resistenza ha visto contrapporsi due fazioni dalle tecniche militari radicalmente diverse, un esercito regolare dotato di un particolare addestramento, artiglieria e strumenti massivi di offesa e delle brigate irregolari, poco ecquipaggiate e proprio per questo motivo costrette ad usare tecniche di guerriglia e a sfruttare la complicità della popolazione civile. La parabola della liberazione e della riconquista di Alba, splendidamente raccontata da Fenoglio ne "i ventitre giorni della città di Alba" è significativa per capire questi due diversi paradigmi militari. Quando la difesa della città da parte dei nazi-fascisti diventò impossibile per le continue incursioni dei partigiani, l'esercito regolare si ritirò e la lasciò occupare dal nemico. La riconquista avvenne dopo meno di un mese in una battaglia campale che vide i partigiani fortemente svantaggiati.
Tutto questo non può certo essere reso all'interno della struttura scarnificata di uno sparatutto multigiocatore.
Call of duty, paga l'accuratezza della ricostruzione storica con una notevole rigidità dei meccanismi di gioco, il Rosso e il Nero ci ripropone i triti e ritriti uomini cyborg che sparano all'impazzata a tutto ciò che non è del proprio colore.
Ma a questo punto non era più corretto usare i soliti alieni e zombies?

02/18/04 | | | | #